Perù, le civiltà andine

PerùDonnaQuando nel 1533 i conquistadores spagnoli di Pizarro, accecati dalla bramosia di ricchezze trovate nell’agonizzante impero inca di Atahualpa – il mitico El Dorado – conquistarono Cuzco ed uccisero l’ultimo figlio del sole, non posero soltanto fine all’unico stato unitario precolombiano sviluppatosi nelle Americhe e ad una delle sue più originali culture, appunto quelle degli Inca. Misero anche fine ad una storia autoctona, o quanto meno ne cambiarono profondamente il corso, una storia iniziata ben 32 mila anni or sono, ancora in piena preistoria, e che fa del Perù l’epicentro dell’evoluzione culturale dell’uomo nel nuovo continente. A prima vista non sembrerebbero esserci i presupposti. Il Perù, grande quattro volte l’Italia, infatti è una nazione del Sud America occidentale affacciata per ben 2.250 km sul Pacifico, con tre nette fasce geografiche-climatiche-ambientali: una pescosa costa arida e desertica, la regione montuosa andina con cime alte fino ed oltre i 6.000 m, e infine l’umida e intricata foresta amazzonica interna, condivisa con Brasile e Bolivia. All’apparenza non proprio il posto ideale per fare nascere parecchie delle maggiori civiltà storiche del continente americano. Tutto inizia in epoca glaciale, quando cacciatori paleolitici nomadi cominciarono ad abitare il territorio, dando vita nel 4.000 a.C. all’agricoltura ed ai primi insediamenti di pescatori sulla costa a nord di Lima, quindi tra 2.000 e 1.000 la comparsa della ceramica, tra 1.000 e 300 della tessitura e con la civiltà Chavin anche la lavorazione dei metalli, rame ed oro. Dal 300 a.C. al 600 si affermano e si susseguono culture diverse, come Salinar, Paracas, Moche, Trujllo e Nazca, quindi vari regni locali come Wari, Chimù, Cancey, Chachapoyas, Ica-Chiucha e Chankas. Poi, a metà del XIII sec., compaiono gli Inca, i quali diedero vita ad uno stato piramidale burocraticamente ben organizzato, capace di tenere tutto e tutti sotto controllo in un territorio sterminato, grazie ad una capillare rete stradale e ad efficienti corrieri che garantivano una rapida circolazione di merci e di notizie, dove l’Inca incarnava ogni potere ma ad ogni cittadino era assicurata un’esistenza dignitosa, priva di libertà perché ogni individuo doveva svolgere un proprio ruolo, ma dove fame e miseria erano sconosciute e lo stato provvedeva per i diseredati.

peru mercatoUn itinerario nel nord del Perù, assai meno battuto dal turismo che non il resto del paese, e quindi anche capace di mostrare i suoi volti più autentici, rappresenta quindi un lungo excursus nella sua storia più lontana, quella preincaica, caratterizzata da civiltà sicuramente meno note e più modeste, ma non meno interessanti. E per giunta, in parecchi casi, di culture di recente scoperta perché del tutto cancellate dagli Inca, ma che con le loro architetture, le ceramiche, i tessuti o i gioielli ci parlano di civiltà ben progredite, ben prima della nascita di Roma. Le tombe moche di Sipan e Sican non hanno nulla da invidiare alle nostre migliori necropoli, La civiltà di Norte Chico, formata da trenta metropoli monumentali, è una delle più antiche del mondo, coeva alle piramidi egizie ed ai primi nuclei urbani della Mesopotamia e della Cina, l’insediamento costiero di Chan Chan, sito Unesco, è stato per sei secoli uno dei maggiori precolombiani del Sud America, così come Chavin de Huantar, altro sito Unesco a 3.150 m sulla Cordigliera formato da imponenti templi e un labirinto di gallerie e camere sotterranee, è stato dal 1200 all’800 a.C. uno dei maggiori centri cerimoniali. Altra cosa, il nord Perù costituisce la vera terra degli indigeni: i conquistadores ridussero gli abitanti locali da 8 milioni ad appena 600 mila, ma questi oggi formano la stragrande maggioranza del paese: 50 % indios, 32 meticci, 12 creoli. Quelle stesse persone di bassa statura e con le gambe storte, i capelli neri lisci nascosti da capelli di feltro, avvolti come un tempo nei loro vestiti di lana dai colori sgargianti per sopportare i rigori andini che si incontrano al pascolo, nei mercanti variopinti o nelle allegrissime fiestas, i medesimi che il 25 giugno celebrano ancora l’Inti Raymi, il rito incaico del Sole.

peru Trujillo, Museo Arch.Un percorso a nord non tocca località famose come la Valle Sacra, Cuzco o Machu Picchu, ma posti sconosciuti di estremo interesse, e non soltanto archeologico. Si parte dalla capitale Lima, dove non perdere una visita al Museo de Oro per ammirare gioielli, armi e oggetti in argento delle antiche civiltà, e si prosegue perla città sacra di Caral, l’andina Chavin de Huantar, il parco nazionale Huascaran (sito Unesco) e la laguna di Llanganuco, tra i ghiacciai. Dopo le rovine di Sechin, risalenti al 1600 a.C., ecco la coloniale Trujllo ed i resti di Chan Chan, capitale del regno chimù estesa su 18 kmq, quindi quelle di Huaca El Brujo, città mochica con una piramide di mattoni alta 30 m. Si giunge così a Huaca Rajada, formata da diverse piramidi, dove nel 1987 è stata scoperta la famosa tomba del Signore di Sipan, la più ricca del Perù, di un dignitario moche, contenente 1200 pezzi di ceramica, oggetti d’oro, argento e pietre preziose, per passare poi a Betan Grande, sito composto da venti strutture preincaiche, e a Tucume, centro politico e religioso regionale formato da 26 piramidi di fango e paglia. Conclusione con la visita di Kunturwasi, di epoca Chavin e caratterizzata da monoliti di pietra, con la città coloniale barocca di Cajamarca, in pietra vulcanica, ed alla necropoli preincaica di Ventanillas de Otuzco.

L’operatore urbinate “Apatam Viaggi” (tel. 0722 32 94 88, www.apatam.it), specializzato in percorsi culturali di scoperta con accompagnatore qualificato in tutto il mondo, propone un itinerario di 14 giorni dedicato alla scoperta dei più importanti siti delle civiltà preincaiche presenti nel nord del Perù. Unica partenza di gruppo il 29 ottobre 2017 con voli di linea da Milano via Madrid, pernottamenti con mezza pensione in hotel a 3 e 4 stelle, guida locale di lingua italiana, accompagnatore dall’Italia, quote da 3.790 euro in doppia, tutto compreso.

Testo e foto di Giulio Badini